Siamo nell’agosto del 1977, poco dopo la frontiera iraniana, già in terra afghana. Siamo in viaggio, proveniamo da Milano e, solo utilizzando mezzi pubblici, (treni, autobus e simili) lentamente ci avviciniamo alla nostra meta: Kathmandù. Siamo diretti – a bordo di un bus di linea – ad Herat, terza città dell’Afghanistan, dove ci aspetta l’incantevole moschea del Venerdì.
Nella foto accanto, che racconta di una delle brevi pause del percorso, riprendo Eli che, a sua volta, scatta al di là del ciglio della strada. Non posso fare a meno di rimanere sbalordito di fronte a questa immagine: una ragazza, appena più che ventenne, in blue-jeans e con una maglietta senza maniche, fotografa due afghani che, sul bordo della strada, discutono del più e del meno. La foto non è “rubata”, non ha avuto bisogno di alcuna autorizzazione, Eli scatta con assoluta naturalezza e chiunque abbia avuto modo di conoscerla ne ha potuto apprezzare il carattere schivo e per nulla invadente, oltre che la sua sincera discrezione.
A maggior ragione mi stupisco e rifletto con desolazione su quella situazione che oggi, purtroppo, sarebbe, prima che impossibile, impensabile: una situazione consentita in quel momento storico, a dimostrazione, purtroppo, di quanti passi indietro si siano fatti negli ultimi decenni. Chissà! Qualcuno, da “queste parti”, se ne dovrà pur assumere la responsabilità.